L’esigenza di avere un nuovo e più grande refettorio per i monaci sempre più numerosi, ha comportato il riallestimento di una grande sala del monastero. La spiritualità benedettina vede nel refettorio uno spazio importante quasi quanto la chiesa. Esso infatti è l’unico luogo in cui la comunità si raduna insieme al di fuori del servizio liturgico. I pasti vengono consumati in totale silenzio, ascoltando una lettura spirituale che viene declamata da un confratello. La decorazione dell’ambiente non poteva prescindere dalla presenza della Crocifissione. Essa è stata la prima scena ad essere realizzata, nella parete di fondo della sala, dietro il tavolo dei superiori.
Il resto del programma figurativo, che si svolge all’interno delle arcate che scandiscono l’ambiente, è incentrato sul tema del cibo inteso in senso spirituale. Ogni riquadro si compone di tre scene in cui a un episodio evangelico, posto al centro, si affianca una storia dell’Antico Testamento, a sinistra, e una vicenda della vita di san Benedetto, a destra. Nella prima scena a sinistra, che si vede entrando nel refettorio, abbiamo le Tentazioni di Cristo, Elia svegliato da un angelo perché mangi, san Benedetto nutrito da san Romano nel suo eremitaggio a Subiaco. Tutte scene ambientate in un deserto, in situazioni estreme in cui la fede è stata messa alla prova, ma in cui si è manifestato anche l’aiuto del Cielo.
Nel lato destro, di fronte alla scena precedente, troviamo la cena di Emmaus, Abramo che accoglie i tre angeli, il pranzo di Pasqua offerto a san Benedetto da un sacerdote. Il tema pasquale delle scene è chiaro, ma è soprattutto il valore dell’accoglienza e della condivisione del cibo che si è voluto evidenziare. La regola di san Benedetto impone che gli ospiti (sempre numerosi in monastero) vengano accolti come Cristo stesso.
Al centro della parete sinistra si vede l’Ultima Cena, ovvero la Comunione degli apostoli, fra la discesa della manna e l’ultima cena dei santi Benedetto e Scolastica. L’Eucarestia non può non avere un posto centrale nella vita religiosa, soprattutto dove essa sta a significare un atto d’amore e di unione con Dio e con i fratelli.
L’ultima scena a sinistra presenta Gesù e la Samaritana, fra Mosè che fa scaturire l’acqua dalla roccia e San Benedetto che fa zampillare una sorgente in montagna. Il cammino monastico, fatto di prove, di condivisione, sostenuto dal pane eucaristico, trova un preannuncio della gioia spirituale nella fonte di salvezza offerta da Cristo, sorgente di acqua viva.
Tale fonte scaturisce in pienezza dal costato di Cristo, inchiodato sulla croce, che è il traguardo di questo percorso spirituale. Nella parete opposta alla Crocifissione, al di sopra della porta d’ingresso, vi è la stessa scena, ma vista nel suo corrispettivo eterno: l’adorazione dell’Agnello mistico da parte dei ventiquattro vegliardi dell’Apocalisse. Ciò che nella storia si è manifestato nella Crocifissione, ha il suo corrispondente nell’Agnello “immolato prima della fondazione del mondo”.
Il terremoto, oltre ad aver danneggiato i dipinti già fatti, ha impedito che venisse realizzata un’ultima scena che avrebbe completato il ciclo, le Nozze di Cana. Chissà che, una volta terminati i restauri del monastero, un giorno non si possa terminare questa opera.